Verso una «memoria creativa»
Shoah e finzione romanzesca nella letteratura francese del XX-XXI secolo
DOI:
https://doi.org/10.13136/2284-2667/1238Schlagwörter:
Shoah, memoria, verità, finzione, romanzescoAbstract
Quale statuto accordare alla «verità» della finzione rispetto alla memoria dei campi di concentramento? L’articolo riprende il dibattito scatenato dalla celebre interdizione adorniana sulla poesia dopo Auschwitz, per mettere in luce come il romanzesco venga indicato, tanto da alcuni sopravvissuti ai campi (come Antelme e Semprun), quanto dagli scrittori del dopo-Shoah (da Perec a Camille de Toledo), come la sola via d’uscita da una forma di memoria divenuta ormai quasi “patologica”, perché ossessiva, istituzionalizzata e svuotata della sua vera essenza. L’epoca contemporanea, segnata dall’emergenza Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, che hanno risvegliato paralleli oscuri con la Shoah e nuovi negazionismi, manifesta più che mai il bisogno di un passaggio ad una “memoria creativa” (Imre Kertész) – pacificata, comunitaria, rinnovata nella transitività del suo messaggio, in grado di raccontare quello che è stato, senza dimenticare di dare nuove forme al futuro.
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